In tanti ripetono che niente sarà più come prima. L’emergenza Covid-19 è uno spartiacque tanto per le persone quanto per l’intero sistema Paese. Ci siamo scoperti fragili davanti a un virus minuscolo, ma capace di mettere in ginocchio il mondo intero. Il risultato è che la crisi sanitaria ha generato un circuito vizioso: ai problemi di salute si è aggiunto il blocco dell’economia. Molte sono le cause, come ad esempio, il lockdown e un aggravamento della crisi occupazionale. Assistiamo così a una grande crisi sociale.

Questo periodo sembra insegnarci che tutto è connesso e interdipendente. Dobbiamo quindi superare la logica dei compartimenti stagni e iniziare a percorrere cammini innovativi. Che per una fondazione come la nostra, potrebbe voler dire, per esempio, incoraggiare chi investe sul lavoro dignitoso. Anche sostenere un modello di welfare generativo e favorire una vera e propria rivoluzione della cultura della cura è la via da percorrere. Pensiamo alla cura della salute, del lavoro, della casa comune e delle relazioni.

 

La pandemia in corso ci ha obbligato a riconoscerci tutti sulla stessa barca

Siamo più deboli ma più uniti. Un clima, quello della solidarietà, dell’attenzione agli altri, che si è forse un poco incrinato negli ultimi mesi, quando avevamo coltivato l’illusione di essere fuori dal problema e di poter guardare alle feste natalizie e di fine anno con spensieratezza. E, invece, i giorni di Natale si presentano ancora carichi di preoccupazione.

Eravamo stati abituati a pensare di essere autosufficienti, avendo a disposizione quei beni materiali e culturali che garantivano alla maggioranza di noi una vita gioiosa e bella. Eravamo abituati a credere di poter tenere lontane per sempre la malattia e la miseria dalle nostre vite. E, invece, una dura realtà si è presentata davanti ai nostri occhi.

Il volontariato delle corti

Un rischio che inconsciamente possiamo correre nelle prossime settimane è quello di vivere la solidarietà solo come beneficenza o assistenzialismo. Il sostegno materiale è assolutamente necessario, ma le persone più fragili necessitano sopratutto di condivisione ed ascolto delle esigenze di cui ciascuna di loro è portatrice. Dobbiamo quindi essere capaci anche di attivare e promuovere reti di prossimità per accompagnarle. A questo proposito, c’è chi ha parlato della necessità di favorire una formazione del “volontariato delle corti”: un’immagine che ci piace, perché dice dell’importanza del sapersi incontrare e farsi carico lì, nel tessuto quotidiano del proprio esistere, delle necessità del prossimo della porta accanto.

Se non ci impegniamo nel far maturare un clima di solidarietà, rischiamo di trovarci, già nel prossimo anno, di fronte a emergenze economiche e sociali sempre più difficili da gestire. Le persone povere e in difficoltà non devono essere considerate come un’opzione di volontariato, ma un impegno che riguarda tutti.

 

A Natale, facciamo ognuno la nostra parte

Per il prossimo Natale, tenuto conto delle tante iniziative di generosità che ci sono anche nei nostri territori, diventa importante sostenere le proposte che le parrocchie, i Comuni, le associazioni di volontariato, con diverse declinazioni, hanno messo in campo. Il periodo non è dei migliori per i lavoratori in cassa integrazione o privati dello stipendio, i commercianti, i ristoratori, i baristi, per chi vive di cultura e spettacolo… I poveri aumentano e i vecchi spettri della fame ritornano di attualità. Ognuno può fare la sua parte, stando al proprio posto, come ci ha anche esortato il nostro arcivescovo, monsignor Mario Delpini, nel discorso alla città in occasione della festa di sant’Ambrogio.